L'alta specificità dell'isola deriva in buona parte
dalle proprie aperture e chiusure cicliche, periodi
che danno modo di metabolizzare lentamente gli stimoli
esterni e di proporre spesso una elaborazione ed una
produzione decisamente originali.
Ma l'isola è anche il luogo del mito, del labirinto;
come labirintici e tortuosi tendono a essere i percorsi
quotidiani degli isolani, nell'evidente tentativo di
"complessificare" i propri spazi e i propri tempi, altrimenti
vissuti come troppo angusti e soffocanti.
Icaro, l'imprudente figlio di Dedalo, muore nell'utopistico
tentativo di evasione dal labirinto: se questa è la
crudele e arcaica lezione del mito è possibile adesso
pensare a una moderna fuga da schemi e situazioni oppressivi
e sclerotizzati?
L'"insulità" dell'isolano è necessariamente una prigione
o per la sua specificità può anche essere una risorsa?
E l'artista vero e proprio moderno Icaro, seppure troppo
umano per non imitare gli uccelli, avrà imparato a volare
sopra il mare, saprà ancora una volta indicare la strada
e sfidare il sole?
... Dedalo costruì allora un paio d'ali per se stesso
e un altro paio per Icaro; le penne più grandi erano
intrecciate le une alle altre, e le più piccole erano
saldate con della cera. Dopo aver legato le ali alle
spalle di Icaro, Dedalo gli disse con le lacrime agli
occhi: "Figlio mio, stai attento! Non volare mai troppo
in alto, perché il sole farebbe sciogliere la cera;
né troppo in basso, perché le piume potrebbero essere
inumidite dal mare". Infilò poi le braccia nelle proprie
ali e si alzò in volo. "Seguimi da vicino", ordinò
al figlio, "e non cambiare direzione!".
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