Spettacolo
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Notti
perenni
Quando Michelangelo Pira creò "Le notti di Nurai"
era il tempo in cui il grande antropologo di Bitti prestava
notevole attenzione alla radio come mezzo di eccezionale
possibilità di ascolto anche nelle campagne sarde. Le
radioline in tutti gli ovili: non era solo un modo di
dire, gli apparecchi erano presenti un po' ovunque,
a partire dai primi anni Settanta. Alla RAI si affidavano
- ci affidavamo - in molti. E sarebbe interessante ristudiare,
oggi, le forme e i contenuti di quei programmi di cui
Michelangelo Pira fu uno degli alfieri più illuminati
e brillanti. La Compagnia "Fueddu e Gestu" cambia
ora veste a quest'opera di Pira dandole una struttura
più propriamente teatrale: da visione, prima ancora
che da ascolto. E lo fa con la passione e la competenza
riconosciute. Ne risulta un lavoro di estrema suggestione,
capace di dare corpo ai fantasmi, di ricreare negli
spettatori emozioni forse dimenticate. Il tema è di
quelli perenni: il rimorso, che si concretizza in incubi
notturni, per la violazione di un divieto sacrale. Non
si può uccidere, se non in guerra, senza motivi gravissimi.
("Morte pro Morte" come aveva detto Antonio Pigliaru).
E non si uccide mai, per nessun motivo, durante la pausa
sacrale della festa, all'interno di un santuario. La
soluzione che il regista Giampietro Orrù ha saputo trovare
è di quelle originali. E gli attori lo assecondano:
con la bravura incontestabile e con la passione che
da anni li muove lungo i labirinti della nostra identità
di Sardi.
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Paolo Pillonca
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Storia e visioni
Passare dal testo scritto per la radio allo spazio
scenico, per rappresentare il dramma di Nurai, è stato
naturale, senza gratuiti sconvolgimenti o forzature.
Nell'opera di Michelangelo Pira vi sono già le condizioni
possibili dello sviluppo della parola sulla scena. "Le
notti di Nurai" ci offre la possibilità, ancora
una volta, di indagare nei codici dell'identità, attraverso
un percorso di ricerca che ha molto a che fare con il
sogno o meglio con le visioni, "Visiones", con cui si
possono creare interrogativi e possibili letture di
una storia reale, la più profonda e segreta dei Sardi.
La messa in scena fa esclusivo affidamento sul corpo-voce
degli attori: niente orpelli scenografici, ma pochi
oggetti metaforico-simbolici atti a far scaturire, insieme
alla musica (eseguita dal vivo), la partecipazione immaginativa
del pubblico. La ricca iconografia incisoria degli artisti
sardi insieme all'opera di Goya e gli incubi di Füssli
ci hanno dato preziosi stimoli e suggestioni nel corso
dell'allestimento. Suggerimenti e indicazioni importanti
abbiamo ricevuto da Paolo Pillonca e Bachisio Bandinu
e di questo gli siamo grati.
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Giampietro Orrù
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Il Babbo del Sogno
II mondo dell'inconscio e dell'etnologia sarda è governato
dalle mamme: la mamma del sole, dell'acqua, e del vento.
Per i sogni invece c'è un padre: il suo nome è Garriatore
perché compie il destino di garriare, di mettere pesi
di angoscia e di soffocamento, un orco che stringe alla
gola il dormiente, gli comprime il petto e gli appesantisce
lo stomaco. Garriatore carica sul carro della notte
grandi cataste di legna verde e secca: sono i sogni
buoni e cattivi che accompagnano l'uomo nei sentieri
delle tenebre. La legna verde, pregna di umori, sprigiona
in volute di fumo rancido i fantasmi della compressione
e del soffocamento; la legna secca libera veli di leggerezza
e d'incantesimo in aeree danze.
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Sogni di Festa
e di Morte
Perché si sogna? Molteplici sono le risposte delle
tradizioni popolari. Non molto diffusa è la concezione
compensatoria per cui almeno nel sogno una persona può
esaudire aspirazioni impedite, desideri irrealizzabili,
brame vietate. Più diffusa la concezione traumatica
secondo la quale chi è tormentato da una paura o da
un affanno è esposto all'incubo notturno. L'opera di
Michelangelo Pira "Le notti di Nurai" racconta
la storia di un abitante di Saracine che sognava ripetutamente
un sogno ossessivo: ripeteva nel sogno l'uccisione di
un abitante di Ghellai che aveva effettivamente ucciso
durante la festa dell'Annunziata per rapinarlo della
cintola ricamata e dei cagliaresi (monete preziose)
che teneva nella berritta (copricapo del costume antico
sardo).
Nurai: "Te', te'… muori, scemo ghellaese!" mentre lo
colpisce e finisce con una pietra. L'amico Orgò che
dorme nell'ovile con Nurai lo sveglia e gli dice: "Hai
ancora sognato!". Nurai: "L'ho ucciso, di nuovo, il
ghellaese con la pietra. Sono stanco di farlo… questo
sogno. Quello che mi fa gridare dev'essere che io non
voglio ucciderlo… e invece devo, devo farlo di nuovo.
E a mala voglia… mi comprendi?".
Orgò: "Ti comprendo. Ma te l'ho detto, si vede che era
destino per te e per lui…".
È tradizione che nella festa debba cessare ogni odio…
tuttavia…
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Bachisio Bandinu
da "Visiones", I sogni dei pastori, AM&D Edizioni
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Interpreti
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Agostino
Aresu
Bianca Ingletto
Maura Grussu
Gianni Melis
Rossano Orrù |
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Musiche
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composte ed eseguite da:
Sonus e Sinnus:
Ottavio Farci
(contrabbasso, benas, sulittos, piccole percussioni)
Veronica Maccioni
(voce, fisarmonica, benas, sulittos, piccole
percussioni)
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Tecnico audio-luci
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Gianni
Erbì |
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Cooperativa
Teatro Fueddu e Gestu
www.fuedduegestu.it
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