Il rapporto di collaborazione, sul piano della ricerca
e della sperimentazione poetica ed artistica, tra il
gruppo teatrale "Fueddu e Gestu" e Maria Lai
risale agli inizi degli anni Novanta. Da allora le occasioni
di incontro si sono ripetute. I nodi centrali di questo
percorso, che pur nelle varie forme collaborative è
unitario e converge in una dimensione aperta di dialogo,
compongono, in modo peculiare, lo sviluppo tematico
di "Naschimenta": metafora della nascita dell'umano,
di un cammino interiore e individuale verso l'infinito,
che l'arte veicola e favorisce. L'immagine simbolica
del pupo di pane è emblematica di questa condizione
che le parole di Maria Lai sintetizzano: "L'uomo di
tutti i tempi guarda alla propria vita interrogandosi
sul mistero del prima e del dopo. Come un bambino gioca,
inventa, propone, dà voce ai fantasmi che popolano la
sua ansia di assoluto. Nella vastità del viaggio nascono
le religioni e le ragioni dell'arte". La valenza fondamentale
del ricorso al mito e alla tradizione, in un percorso
di ricerca dell'archetipo, risponde all'esigenza di
trasmettere una verità profonda. Comunicazione, questa,
che può avvenire soltanto in una dimensione atemporale
ed universale, e pertanto necessariamente nella dimensione
poetica, l'unica in grado di proiettare l'uomo in un
tempo e in uno spazio assoluti, in un oltre, nella totalità.
Questa forma di comunicazione, di dialogo con il mistero,
è la pratica del rito fin nelle più antiche comunità
umane. La presenza tangibile di un "oltre" sconosciuto
si traduce nella coscienza umana - ieri come oggi -
in esaltazione ed orrore, in estasi e paura, ed è origine
di ogni inquietudine. L'arte nasce dalla paura ed esige,
nel farsi dell'opera, concretezza e regole severe: scavando
nella tradizione come un aratro simbolico la sovverte
per le nuove generazioni. La lingua usata dall'uomo
nel dialogo con il mistero è - fin dai tempi più remoti
- il linguaggio del mito inteso come lingua della vera
poesia, dove "vera" ha il significato di "originale,
non suscettibile di miglioramento". Nell'epoca arcaica
il mito poetico era usato come lingua magica in relazione
con cerimonie religiose in onore della dea-luna, ovvero
della musa. La poesia, invocazione religiosa alla dea,
era pratica magica, incantatoria, e il poeta era in
origine il capo di una società totemica di danzatori
religiosi: maghi o stregoni specializzati nel rapporto
con l'invisibile. Nel tempo la funzione della poesia
non è cambiata, diversa è solo l'applicazione. In epoca
cristiana è la Madonna, la Vergine Maria, a identificarsi
con la musa, fonte di ispirazione, regina di vita e
di speranza, contenitore di mistero, dimensione creativa,
luogo fisico in cui l'umano incontra il divino in una
ristabilita unità di cielo e terra. La rappresentazione
sacra della natività offre agli interpreti (regista
ed attori) e al pubblico (i fruitori della proposta
teatrale) la possibilità di indagare e di riflettere
sul tema della nascita: la nascita del mito poetico,
e quindi dell'arte, e con esso la nascita dell'umano.
Così Robert Graves afferma: "Un tempo la poesia serviva
per ricordare all'uomo che doveva mantenersi in armonia
con la famiglia delle creature viventi tra le quali
era nato, mediante l'obbedienza ai desideri della padrona
di casa; oggi ci ricorda che l'uomo ha ignorato l'avvertimento
e ha messo sottosopra la casa con i suoi capricciosi
esperimenti filosofici, scientifici e industriali, attirando
la rovina su se stesso e sulla sua famiglia". Per questo
la ricerca di un'identità comune è anche quella di un
comune destino di salvezza. "Naschimenta" riassume
in sé, con coerenza, temi e problematiche e, nella trasposizione
scenica, li ripropone con grande forza espressiva e
comunicativa. Anche in quest'opera la Cooperativa Teatro
"Fueddu e Gestu" con la sensibilità, la passione e il
rigore che qualificano l'operatività dei suoi componenti,
attua un processo consapevole di studio ed elaborazione
di motivi e di segni che, attraverso l'interazione e
la compenetrazione di più codici, concorrono alla costruzione
complessiva dell'evento teatrale. L'opera si struttura
a partire da un testo poetico scritto, di Paolo Pillonca,
che costituisce, senza essere vincolante, la prima spinta
alla creazione di forme realizzative che si combinano
in una coesistenza necessaria, per diventare materia
dell'opera stessa. Così il complesso degli elementi
scenici - attori, musicisti, oggetti, costumi - e la
presenza simultanea di diversi codici - gestuale, prossemico,
iconico, verbale, sonoro - non sono mai accumulo o accompagnamento,
mero supporto al testo scritto, ma ciascun segno veicola
una specificità indispensabile a dare maggiore verità
all'atto, e sviluppa dinamiche per il recupero di significati
profondi. Questo processo di ricerca interpretativa
richiede lunga disciplina, l'utilizzo di tecniche che
dando corpo all'opera fanno nascere l'idea. "L'idea
non esiste prima dell'opera. L'opera incontra l'idea
nascendo materialmente", come Maria Lai afferma. La
materia concreta è atto fisico, tangibile, reale, e
l'opera si fa carne nel corpo dell'attore. E poiché
il corpo - sempre secondo le parole di Maria Lai - "è
materia di sogni, è materia che sogna", l'attore si
abbandona a una immersione profonda per raggiungere
una trance controllata e necessaria che è in funzione
di una risoluzione scenica e compositiva. "Naschimenta"
applica in pieno questi principi realizzando un gioco
di rimandi e di associazioni: il tema offre stimoli
al regista, il regista offre stimoli agli attori, gli
attori offrono stimoli al pubblico, e questo meccanismo
circolare di stimolo-risposta, di reazione necessaria,
quindi vera, crea un ritmo un movimento di rimando tra
opera e spettatore, che dà origine a un coinvolgimento
che è partecipazione profonda, ritualità, dove le corrispondenze
interpretative non sono un ripetere ma un rivivere.
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